Descrizione

Anteprime e Recensioni Cinematografiche, tutto quello che c'è da sapere su Festival Internazionali del Cinema e quanto di nuovo succede intorno alla Settima Arte, a cura di Luigi Noera e la gentile collaborazione di Ugo Baistrocchi, Simona Noera e Marina Pavido.



Visualizzazione post con etichetta Rebecca Daly. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Rebecca Daly. Mostra tutti i post

mercoledì 5 aprile 2017

IRISH FILM FESTA X EDIZIONE ROMA, 30 MARZO – 2 APRILE 2017


Con la presenza di JIM SHERIDAN E GERARD MCSORLEY si è chiusa la Xma edizione con la proiezione dei Corti vincitori – diario dalla Casa del Cinema grazie alla fattiva collaborazione di Marina Pavido
Domenica 2 aprile alla Casa del Cinema di Roma si è conclusa alla presenza di due massimi rappresentanti del cinema irlandese, il regista Jim Sheridan e l’attore Gerard McSorley, la decima edizione di IRISH FILM FESTA, primo e unico festival italiano interamente dedicato alla cinematografia dell’Irlanda. Grande successo anche per questa edizione del festival che ha visto tantissimi ospiti arrivare nella capitale per presentare film, cortometraggi o partecipare agli incontri previsti nel fitto programma. Al di sopra delle aspettative la risposta del pubblico che nei quattro giorni della kermesse ha riempito la Sala
Deluxe e la Sala Kodak della Casa del Cinema. Durante la giornata conclusiva oltre agli ultimi incontri e proiezioni, si è svolta la cerimonia di premiazione del concorso, riservato ai cortometraggi di produzione o co-produzione irlandese, che quest’anno ha presentato quindici opere diversificate nei vari generi e nelle tecniche di realizzazione. La Giuria composta da Oscar Cosulich, giornalista critico cinematografico e direttore artistico del Future Film Festival; Barry Monahan, docente di Film Studies presso l’University City di Cork; e Serenella Zanotti, docente di Lingua e Traduzione inglese presso l’Università di Roma Tre, ha assegnato i premi del concorso cortometraggi. A trionfare come miglior corto nella sezione live action è Gridlock di Ian Hunt Duffy, un thriller che vede come protagonista Moe Dunford già ospite al festival nel 2015 con Patrick’s Day di Terry McMahon, e tra gli interpreti della serie Vikings. Vince invece il premio come miglior corto della sezione animazione Second to None di Vincent Gallagher, una commedia nera sul secondo uomo più vecchio del mondo. Tra gli altri ospiti che hanno partecipato al festival oltre a Jim Sheridan e Gerard McSorley, Il regista Ciarán Creagh e l’attrice protagonista Caoilfhionn Dunne
(nel cast della serie Love/Hate) del film in programma In View; Peter Foot regista di The Young Offenders miglior film irlandese al Galway Film Fleadh 2016; e Martin McCann voce narrante del documentario Bobby Sands: 66 Days di Brendan J. Byrne, nonchè regista e interprete del corto Starz, entrambi in programma al festival.


Marina Pavido che ha seguito la manifestazione tra i lungometraggi mette
al primo posto MAMMAL, seguito da SANCTUARY e IN VIEW. Abbiamo il piacere di proporvi le sue considerazioni sui primi due e del vincitore Gridlock di Ian Hunt Duffy, miglior corto nella sezione live action.

Mammal di  Rebecca Daly: INSIEME OLTRE LA MORTE (voto: 7.5)

Quanto può essere forte il legame madre-figlio? In che modo può sopravvivere alla distanza, al distacco o, addirittura, alla morte? Non sempre si riesce a trovare una risposta a tale quesito. Eppure, in genere una madre sa sempre trovare, in un modo o nell’altro, una strada per mantenere vivo questo legame. È questo, ad esempio, il caso di Margaret, protagonista di Mammal, - secondo lungometraggio della giovane (ma cinematograficamente matura) regista Rebecca Daly (con già una terza opera in cantiere), presentato in anteprima alla 10° edizione dell’Irish Film Festa – la quale prova a modo suo a superare la morte del figlio adolescente – da lei abbandonato insieme al padre quando era ancora in fasce – ospitando nella sua abitazione un giovane ragazzo di strada ferito in seguito ad un pestaggio. Con l’arrivo in casa del ragazzo, dunque, in qualche modo, suo figlio ricomincia a vivere. E non lo fa soltanto attraverso la cicatrice di un parto cesareo, né attraverso le foto sui volantini che lo indicano disperso. Lo fa, stavolta, attraverso un ragazzo in carne ed ossa, un ragazzo della sua stessa età, con problematiche forse simili alle sue e che indossa i suoi stessi vestiti. Un ragazzo che possa permettere alla donna di tornare indietro nel tempo e di rimediare in qualche modo a tutte le mancanze ed agli errori commessi nei confronti di suo figlio.
Non solo, dunque, è il rapporto madre-figlio al centro di questo importante lungometraggio della Daly. Mediante il complesso e ben scritto personaggio di Margaret (impersonata dalla brava Rachel Griffiths) sono soprattutto il senso di colpa, il perdono, la redenzione a fare da colonne portanti. La Margaret qui presentataci, dal canto suo, per impostazione e messa in scena poco si discosta dalla tormentata ragazza in Daisy Diamond, raccontataci nel 2007 da Simon Staho. Con la differenza, però, che, in Mammal, la protagonista non è più vittima dei suoi stessi sensi di colpa, ma, al contrario, lotta, tenta di reagire con tutte le sue forze. Anche a costo di correre grossi rischi. Ed ecco che, piano piano, la messa in scena sembra assumere via via sempre più i toni del giallo, del thriller, con raffinati giochi di luci e di ombre in ambienti angusti all’interno della casa della protagonista, oscure presenza alla porta e, sullo sfondo, una città grigia, cupa, come se qualsiasi cosa al di fuori del rapporto tra Margaret ed il ragazzo fosse già morta. Una città, in fin dei conti, severa e giudicante, che sembra non voler perdonare in nessun caso gli errori commessi.
Ma non è tutto. Dato il tema trattato - e quasi come da copione - un ruolo particolarmente rilevante è stato affidato all’elemento dell’acqua. L’acqua come placenta materna. L’acqua che dà la vita, ma anche la morte. È in acqua che è annegato il figlio di Margaret. È in acqua che la donna è solita trattenere il fiato per provare qualcosa di nuovo, pericoloso e, in qualche modo, liberatorio. È in acqua che, insieme al ragazzo sconosciuto, si riesce a trovare un punto di incontro. Solo in acqua, apparentemente - come anche stanno a suggerirci i cromatismi virati al blu – si riesce a trovare la tanto desiderata pace con sé stessi. Eppure, in Mammal, l’acqua rappresentata è sempre ferma, piatta, non scorre mai, non si rinnova mai. Sia essa l’acqua all’interno di una piscina, di un lago o di una vasca da bagno. Segno che – contrariamente a quanto sostenuto da Eraclito – non tutto scorre. Segno che, in realtà, nulla può cancellare le cicatrici del passato. Certe colpe, certi errori sembrano non trovare mai, in fondo e nonostante tutto, una propria, agognata redenzione.

Sanctuary, opera prima del giovane regista Len Collin: ALLEGRO MA
NON TROPPO  (voto: 7)
Contrariamente a quanto si possa pensare, non è affatto facile dar vita ad un film corale. O meglio, non è affatto facile far sì che il film corale a cui si è dato vita sia esattamente ciò che si dice un prodotto soddisfacente e ben riuscito. Volendo, per un attimo, mettere da parte colui che dei film corali è sempre stato il maestro indiscusso – ossia il buon Robert Altman – non sono molti, di fatto, i lungometraggi del genere realmente degni di nota. Non sono molti, eppure ci sono. Se a tale formula uniamo il tema della disabilità – mentale o fisica che sia – ecco che subito ci salta alla mente un vero e proprio cult della storia del cinema: Qualcuno volò sul nido del cuculo, capolavoro di Miloš Forman diretto nel 1975. Eppure Forman non è stato l’unico a parlarci di disagio mentale. È dello stesso anno, infatti, l’interessantissimo documentario Matti da slegare, firmato Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli, così come lo stesso Agosti quasi contemporaneamente realizza Il volo, altro toccante documentario che ci racconta un momento di “evasione” di alcuni pazienti dell’ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste. Volendo fare un salto di qualche decennio, ecco che – sempre restando in Italia – ritroviamo Si può fare, lungometraggio a soggetto diretto nel 2008 da Giulio Manfredonia, ambientato negli anni immediatamente successivi alla chiusura dei manicomi in seguito alla legge Basaglia. Sono questi tutti prodotti – chi più chi meno – degni di nota, che, in un modo o nell’altro, hanno “fatto la differenza”.
All’interno di un panorama dove, a quanto pare, tutto ormai sembra già essere stato detto, in che modo può distinguersi, dunque, un lungometraggio come Sanctuary, opera prima del giovane regista Len Collin, passato (ingiustamente) quasi in sordina al Festival di Cannes 2016 e presentato in anteprima italiana alla 10° edizione dell’Irish Film Festa? Indubbiamente, non solo per il tema trattato, ma anche per la particolare cura dedicata, nonché per la singolare messa in scena, questo lavoro di Collin, in fin dei conti, riesce a distinguersi eccome.
Tratto dall’omonima pièce teatrale di Christian O’Reilly, portata in scena dalla Blue Teapot Theatre Company, compagnia teatrale composta da ragazzi con disabilità intellettive, Sanctuary è stato girato con la medesima compagnia: ragazzi allegri, pieni di vita e con uno spiccato talento per la recitazione che sono riusciti perfettamente a portare avanti praticamente da soli – con leggerezza ed ironia – l’intero lungometraggio. Girato con un budget visibilmente ridotto, il film di Collin si svolge nell’arco di un’intera giornata: il giorno in cui un gruppo di ragazzi ospiti di una casa-famiglia viene accompagnato al cinema da un assistente. Nel momento in cui il ragazzo responsabile della loro uscita si allontana per accompagnare due di loro – innamoratissimi – a trascorrere un paio d’ore in una suite d’albergo, ecco accadere il finimondo: ognuno dei ragazzi uscirà dalla sala e andrà in giro per conto proprio nel centro della città di Galway. Ritrovarli tutti e riunirli per poter tornare a casa sembrerà, a questo punto, un’impresa praticamente impossibile.
I toni sono lievi e naïf. L’ironia e l’autoironia sono forti. Eppure, nonostante l’andamento “leggero” di tutto il lungometraggio, questa opera di Collin sta a denunciare soprattutto un sistema legislativo ottuso ed obsoleto, che non fa che discriminare ulteriormente chi soffre di disabilità di ogni genere, senza pensare in primis al benessere dei malati. Ed ecco che, nel momento in cui la legge vuol dire la sua, da commedia leggera, Sanctuary si trasforma in un prodotto crudo e disincantato, che ben poche speranze ripone in un prossimo futuro. Un film solo apparentemente “ingenuo”, con una propria, ben marcata identità e con un importante messaggio alla base. Un film, dunque, che, per la sua disarmante semplicità unita ad una forte efficacia comunicativa, lascia il segno. Vera e propria chicca all’interno del panorama cinematografico contemporaneo.

Gridlock di Ian Hunt Duffy ovvero LA BAMBINA SCOMPARE (voto: 7.5)
Un giovane uomo. Sua figlia di sei anni. Una telefonata piuttosto concitata durante un viaggio in macchina. All’improvviso, una lunga fila di automobili ferme, in attesa di poter proseguire il viaggio. Nel momento in cui l’uomo andrà a vedere cosa è successo, la bambina scomparirà misteriosamente. Chi sarà stato il responsabile della sua scomparsa? Quasi sicuramente qualcuno degli automobilisti in fila. Bisognerà vedere chi, però. Ma questo è solo l’inizio. Da questo momento in poi, infatti, prenderà il via un thriller di tutto rispetto, con tanto di picchi di tensione al suo interno uniti a momenti più “leggeri” ed ironici. Ed il tutto si svolgerà in poco meno di venti minuti. Stiamo parlando di Gridlock, cortometraggio diretto dal giovane regista Ian Hunt Duffy e presentato in concorso alla 10° edizione dell’Irish Film Festa, dove è stato premiato come miglior cortometraggio in live action.
Alfred Hitchcock sosteneva che, al fine di creare suspense, bisogna dare allo spettatore il maggior numero di informazioni possibile, riguardo a ciò che sta accadendo sullo schermo. Detto ciò, dunque, in un giallo la formula del whodunit (dall’inglese “who has done it?” – “chi lo ha fatto?”) risulta spesso poco appropriata, se si vuole tenere il pubblico in un costante stato di tensione. Un esempio particolarmente chiarificatore in merito – come lo stesso zio Alfred ci ha spiegato – può essere una scena in cui due uomini stanno parlando seduti al tavolino in un bar. Entrambi, ovviamente, sono ignari del fatto che sotto lo stesso tavolino vi è collocata una bomba pronta ad esplodere in qualsiasi momento. Lo spettatore, al contrario, ne è perfettamente a conoscenza. Ed ecco che, dunque, per quest’ultimo, l’intera scena – fino al momento dell’esplosione – sarà particolarmente ricca di suspense. Cosa che, ovviamente, non accadrebbe se l’ordigno si limitasse ad esplodere senza che nessuno – spettatore compreso – fosse venuto a conoscenza della sua presenza. Ovviamente, questa regola non sempre è stata rispettata dallo stesso Hitchcock. Basti pensare, ad esempio, ad uno dei suoi lungometraggi più interessanti – anche se meno conosciuti – che, sia per tematiche che per impostazione, ricorda molto lo stesso Gridlock: La signora scompare (1937).
Bene, detto questo, il cortometraggio di Ian Hunt DUffy si svolge, come già si può intuire dopo una breve scorsa della sinossi, seguendo – analogamente a quanto accade in La signora scompare – in tutto e per tutto la classica formula del whodunit, proprio come quanto accadeva, ad esempio, anche nei gialli di Agatha Christie – con Poirot, Miss Murple e compagnia bella – a cui siamo tanto affezionati e che, di fatto, hanno sempre funzionato, se si vuol parlare di suspense. Sarà per il gruppo ristretto di sospettati, sarà per gli ambienti chiusi ed angusti, ma questa formula tanto amata dalla Christie, se usata nel modo giusto, funziona eccome. Lo stesso, come già detto, accade qui, in Gridlock, dove il giovane autore riesce alla perfezione a dare vita ad un thriller soddisfacente e “completo”, malgrado i pochi minuti a disposizione. Merito, ovviamente, di uno script di ferro, merito della caratterizzazione di ogni singolo personaggio (come non notare, a tal proposito, il misterioso uomo chiuso in macchina che sembra non voler in nessun modo prendere parte alla ricerca della bambina?), merito dell’ambientazione e, non per ultima, di una regia attenta ai dettagli e consapevole che, anche grazie a singoli elementi (il cavallo investito ed insanguinato che blocca il passaggio delle macchine, ma anche la bambola della bambina), dimostra piena padronanza del linguaggio cinematografico e, soprattutto, sa come gestire e dosare la suspense al punto giusto. Fino ad un più che soddisfacente ribaltamento finale.
Ed ecco che il premio per il miglior cortometraggio in live action risulta, dunque, più che meritato. Premio che è, di fatto, solo un’ulteriore conferma del valore artistico di questo piccolo ma efficace lavoro di un cineasta che, ci auguriamo, possa regalarci, in futuro, ancora tante, tante emozioni.
Marina Pavido

mercoledì 29 marzo 2017

IRISH FILM FESTA X EDIZIONE ROMA, 30 MARZO – 2 APRILE 2017

Giunge alla decima edizione IRISH FILM FESTA, il festival interamente dedicato al cinema irlandese che quest’anno si terrà dal 30 marzo al 2 aprile, come di consueto alla Casa del Cinema di Roma.
 “In questi dieci anni abbiamo presentato il meglio del cinema irlandese contemporaneo, scegliendo film inediti nel nostro Paese, ma premiati all’estero da numerosi riconoscimenti; e avuto il privilegio di accogliere ospiti prestigiosi come Stephen Rea, Fionnula Flanagan, Lenny Abrahamson, Adrian Dunbar, e molti altri. Per questo, la decima edizione di IRISH FILM FESTA sarà un’edizione speciale, celebrativa del percorso finora compiuto e propulsiva per quello ancora da compiere”, commenta il direttore artistico Susanna Pellis.
Tra i lungometraggi in programma alla decima edizione di IRISH FILM FESTA, tutti in anteprima italiana, vedremo il documentario Bobby Sands: 66 Days di Brendan J. Byrne, dedicato ai sessantasei giorni di sciopero della fame che nel 1981 portarono alla morte di Bobby Sands nel carcere di Long Kesh. Il film analizza il valore simbolico e culturale del digiuno nel contesto storico-politico irlandese e si basa sui diari tenuti in carcere dallo stesso Bobby Sands, affidandone la lettura all’attore Martin McCann, atteso come ospite al festival: “Quelle parole mettono la sua voce al centro del film e ci portano nella sua mente – spiega il regista – l’unico posto nel quale Sands ha trovato la libertà”. 66 Days è stato presentato all’ultimo Galway Film Fleadh e al festival internazionale del documentario Hot Docs di Toronto.
Alla proiezione di 66 Days parteciperà anche il giornalista Riccardo Michelucci, autore del
saggio di recente pubblicazione Bobby Sands. Un’utopia irlandese (Edizioni Clichy).
La storia dei Troubles nordirlandesi e la loro rappresentazione cinematografica in opere come Angel, Una scelta d’amore (Some Mother’s Son), Niente di personale (Nothing Personal), The Boxer, Hunger, e altre, saranno inoltre al centro di una conferenza che terrà al festival il prof. Martin McLoone (University of Ulster, Emeritus).
Martin McCann, che abbiamo visto l’anno scorso in The Survivalist di Stephen Fingleton, è anche interprete e co-regista del mockumentary Starz, uno dei cortometraggi in concorso che vede come protagonista uno straordinario Gerard McSorley (The Constant Gardener, Veronica Guerin), anche lui atteso a Roma. La sezione competitiva di IRISH FILM FESTA presenta quest’anno quindici corti che spaziano tra vari generi e tecniche di realizzazione (animazione, documentario, horror, thriller).
Il regista Ciarán Creagh, l’attrice protagonista Caoilfhionn Dunne (nel cast della serie Love/Hate) e ancora Gerard McSorley presenteranno invece il dramma In View: Ruth è un’agente di polizia che, incapace di elaborare il lutto per la perdita del figlio e del marito, sta smarrendo anche se stessa. Il suo senso di colpa è insopprimibile, e la spinge ad affrontare gli errori del passato in cerca di redenzione.
Vicenda drammatica anche per Mammal, scritto e diretto da Rebecca Daly e interpretato da Rachel Griffiths (nomination agli Oscar 1999 per Hilary and Jackie) e il giovane Barry Keoghan (Love/Hate): per Margaret la notizia della sparizione del figlio adolescente, che lei ha lasciato quando era piccolo, coincide con la decisione di ospitare Joe, un ragazzo senzatetto che ha trovato per strada, ferito. Mammal è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2016.
Sanctuary, opera prima di Len Collin, ha un’origine teatrale: alla base c’è il testo omonimo
di Christian O’Reilly messo in scena dalla Blue Teapot Theatre Company, una compagnia di Galway formata da attori con disabilità intellettive. Protagonisti del film, che mantiene lo stesso cast della pièce, sono Larry e Sophie, due giovani innamorati: cosa può esservi di più naturale per loro che desiderare di passare del tempo insieme da soli? Ma Larry e Sophie non sono una coppia come le altre. E cercando di avere un po’ di intimità non stanno solo infrangendo le regole, stanno infrangendo la legge.
In The Flag di Declan Recks (il suo primo film, Eden, era all’IFF 2008) si torna a parlare della Easter Rising, dopo il Centenario celebrato anche dal festival lo scorso anno, attraverso un’inedita chiave comica. Per Harry Hambridge (Pat Shortt), irlandese emigrato a Londra, va tutto storto. Tornato a casa per il funerale del padre, trova una dichiarazione secondo la quale sarebbe stato suo nonno ad issare la bandiera irlandese sul General Post Office durante la Rivolta di Pasqua del 1916. Bandiera che oggi si trova appesa, alla rovescia, in una caserma inglese. Stanco di subire umiliazioni, Harry è determinato, con l’aiuto di improbabili compagni (c’è anche Moe Dunford, visto all’IFF 2015 in Patrick’s Day di Terry McMahon), a recuperare quella  benedetta  bandiera. A Roma saranno presenti Declan Recks e lo sceneggiatore Eugene O’Brien.
Ispirato alla cronaca di un sequestro di cocaina per 440 milioni di euro al largo delle coste di Cork nel 2007, The Young Offenders di Peter Foott (miglior film irlandese al Galway Film Fleadh 2016) vede due ragazzi della zona, Conor e Jock, intraprendere un viaggio di 160 chilometri su due biciclette rubate nella speranza di trovare una balla di cocaina che a quanto pare è sfuggita alle forze dell’ordine. Una commedia dal ritmo frenetico, che in patria ha letteralmente spopolato. L'autore e regista Peter Foott sarà al festival e per l’occasione verrà proiettato anche il suo cortometraggio The Carpenter and His Clumsy Wife, menzione speciale alla Mostra di Venezia 2004.
Due sconosciuti svuotano i loro conti bancari, vendono i loro beni, e mettono il loro intero patrimonio in contanti in una borsa sportiva verde. Poi si recano in una località solitaria per battersi fino alla morte. Il vincitore seppellisce il perdente e si allontana due volte più ricco. È l’idea alla base di Traders, il film di Rachael Moriarty e Peter Murphy che vede come protagonisti Killian Scott (Love/Hate) e John Bradley (Game of Thrones). Piccoli ma significativi ruoli anche per Barry Keoghan e Caoilfhionn Dunne.

Due, infine, gli Irish Classic della decima edizione. Il primo è The General di John Boorman (1998), premiato per la migliore regia al Festival di Cannes: il generale del titolo è il criminale dublinese Martin Cahill, interpretato nel film da Brendan Gleeson. Noto per la spietatezza e per la meticolosità con la quale pianificava le azioni criminali, Cahill è stato raccontato nel dettaglio nel libro The General  del giornalista Paul Williams, dal quale è tratta la sceneggiatura del film. Il testo è stato pubblicato per la prima volta in Italia solo l’anno scorso da Milieu Edizioni per la collana Banditi senza tempo, parallelamente ad altri due volumi legati all’Irlanda: On the Brinks dell’ex militante dell’IRA Sam Millar e Bomber Renegade di Michael “Dixie” Dickson, ultimo prigioniero dell’IRA ad essere liberato, oggi organizzatore di concerti ed eventi sportivi.

The Boxer (1997) è invece l’omaggio di IFF al regista Jim Sheridan, che sarà per la prima volta ospite al festival per un incontro col pubblico. Di Sheridan, tre nomination agli Oscar (per la regia di Il mio piede sinistro e Nel nome del padre, e per la sceneggiatura di In America), verrà proposto anche il film più recente, Il segreto (The Secret Scripture), tratto
dal romanzo omonimo di Sebastian Barry. Interpretato da Rooney Mara, Eric Bana, Vanessa Redgrave e Adrian Dunbar, Il segreto, già presentato alla scorsa Festa del Cinema di Roma, uscirà nelle sale italiane il 6 aprile distribuito da Lucky Red. Fa parte dell’omaggio a Sheridan anche The Carpenter and His Clumsy Wife, di cui il regista è la voce narrante.

 Il concorso, riservato ai cortometraggi di produzione o co-produzione irlandese, presenta quest’anno quindici opere che spaziano tra vari generi e tecniche di realizzazione: tre corti d’animazione (A Coat Made Dark, The Lost Letter e Second to None), un documentario (Seán Hillen, Merging Views), un mockumentary (STARZ), un horror (Blight), un thriller (Gridlock), un fantasy (The Clockmaker’s Dream), un adattamento ironico e contemporaneo di un antico poema gaelico (The Court, diretto dall’attore Seán T. Ó Meallaigh che ha partecipato alla scorsa edizione di IFF), un biopic (Two Angry Men), un commedia romantica interpretata da bambini (The Debt), un racconto di formazione a tematica LGBT (Lily), e tre drammi (Homecoming, Pause e Today).

Da sottolineare anche la presenza di nomi importanti nei cast dei cortometraggi selezionati: il protagonista di Gridlock è Moe Dunford (ospite al festival nel 2015 con Patrick’s Day di Terry McMahon, è tra gli interpreti della serie Vikings); Gerard McSorley offre una straordinaria performance in STARZ, il cui co-regista, Martin McCann, è lui stesso un attore (lo abbiamo visto l’anno scorso in The Survivalist di Stephen Fingleton); Two Angry Men vede Adrian Dunbar, anche lui già passato all’IFF, nei panni del drammaturgo nordirlandese Sam Thompson, e l’esordiente Michael Shea in quelli del regista teatrale James Ellis (dirige il figlio di Ellis, Toto); Jared Harris e Kate Winslet sono invece, rispettivamente, le voci narranti di The Clockmaker’s Dream e The Lost Letter, diretto dal vincitore dell’IFF 2012 (con The Boy in the Bubble, narrato da Alan Rickman) Kealan O’Rourke.

Un’ulteriore parentesi letteraria sarà dedicata dal festival allo scrittore Dermot Bolger, protagonista di un incontro coordinato da John McCourt (Università di Macerata). Nato nel 1959 a Finglas, periferia nord di Dublino, Bolger è autore di romanzi, poesie e testi teatrali. Tra i suoi libri più noti, Verso casa (1997) e Figli del passato (2007), pubblicati in Italia da Fazi Editore.


Il concorso cortometraggi, che abbiamo lanciato nel 2010, si fa di anno in anno più interessante e più seguito: sia dai filmmakers (quest’anno abbiamo ricevuto quasi 100 candidature) che dal pubblico. Del resto, come dimostrano i nomi degli attori che appaiono nei corti selezionati, questo è un settore che il cinema irlandese non considera affatto secondario, e nel quale si rispecchia la vivacità e la ricchezza di questa cinematografia”, commenta il direttore artistico Susanna Pellis. 
Blight (2015), Brian DeaneUn giovane sacerdote viene inviato su una remota isola al largo della costa irlandese per difendere la locale comunità di pescatori dalla minaccia di oscure forze soprannaturali, ma niente è come sembra.


An Chúirt (The Court, 2014), Seán T. Ó Meallaigh Un adattamento moderno del poema epico irlandese Cúirt An Mhéan Oíche / La corte di mezzanotte, scritto nel 1700 da Brian Merriman.


The Clockmaker's Dream (2015), Cashell HorganIn un mondo di automi, un fabbricante di orologi cerca di costruire la donna perfetta e darle il posto della moglie che ha perduto, ma è più difficile di quanto potesse immaginare. L’uomo deve trovare una soluzione prima che il tempo a sua disposizione finisca e il proprio mondo si fermi per sempre…


A Coat Made Dark (2015), Jack O’Shea [animazione]Un uomo segue gli ordini di un cane: deve indossare un misterioso soprabito con impossibili tasche.


The Debt (2015), Helen FlanaganDaithi, dieci anni, si innamora di Jessica, una compagna di scuola. Il bambino chiede aiuto a Penny, la sua migliore amica, per riuscire a conquistare il cuore di Jessica.


Gridlock (2016), Ian Hunt DuffyUna bambina scompare nel corso di un ingorgo stradale. Il padre, sconvolto, improvvisa una squadra di ricerca di ritrovarla. Tutti i presenti sono possibili sospettati.


Homecoming (2016), Sinéad O'Loughlin Un giovane, tornato da poco in Irlanda, cerca a fatica di trovare il proprio posto nel mondo. Un volto familiare lo spinge a chiedersi se le cose stiano per cambiare.


Lily (2016), Graham CantwellLily, una ragazza che sta per diventare donna, ha un segreto. Dovrà affrontare la sfida più grande della sua giovane vita.


The Lost Letter (2016), Kealan O’Rourke [animazione]
con la voce narrante di Kate WinsletLa storia di un bambino impegnato a preparare il proprio quartiere in vista del Natale.


Pause (2016), Niamh HeeryUna donna in stato confusionale arriva su un’isola per affrontare il proprio passato. Mentre riascolta vecchi nastri registrati in famiglia, l’ambiente che la circonda prende nuova vita. Una donna in stato confusionale arriva su un’isola per affrontare il proprio passato. Mentre riascolta vecchi nastri registrati in famiglia, l’ambiente che la circonda prende nuova vita. Una donna in stato confusionale arriva su un’isola per affrontare il proprio passato. Mentre riascolta vecchi nastri registrati in famiglia, l’ambiente che la circonda prende nuova vita.


Seán Hillen, Merging Views (2016), Paddy Cahill [documentario]Un ritratto dell’artista Séan Hillen, mostrato nella creazione di bellissimi fotomontaggi. Hillen condivide i propri pensieri sul lavoro e su una recente scoperta vissuta a livello personale.


Second To None (2016), Vincent Gallagher [animazione]


Una commedia nera sul secondo uomo più vecchio del mondo.


STARZ (2016), Kevin Treacy, Martin McCannLa troupe di un film documentario segue Dan Cambell, un agente di attori sull’orlo del fallimento che cerca disperatamente di proteggere la sua attività dall’ennesimo tribunale del lavoro.


Today (2015), Tristan HeanueUn uomo si sveglia nella propria automobile: è disorientato, non ricorda come sia finito lì in mezzo al nulla. Poi raccoglie lentamente i suoi pensieri, e la realtà di quanto accaduto lo colpisce con durezza.

Two Angry Men (2016), Toto EllisLa battaglia di James Ellis e Sam Thompson per mettere in scena la pièce teatrale Over the Bridge, nonostante la censura in vigore nella Belfast degli anni 50.