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Anteprime e Recensioni Cinematografiche, tutto quello che c'è da sapere su Festival Internazionali del Cinema e quanto di nuovo succede intorno alla Settima Arte, a cura di Luigi Noera e la gentile collaborazione di Ugo Baistrocchi, Simona Noera e Marina Pavido.



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sabato 23 luglio 2016

EDITORIALE: ennesimo attentato suicida in Europa. Il modello Israeliano-Palestinese sbarca nel Vecchio Continente?


Gli Europei non sono abituati al susseguirsi di attentati come lo sono in Israele. Purtroppo questo nefasto modello di vita (ossia di convivere con il terrore) ha trovato negli ultimi mesi (diciamo a partire dall’ attentato parigino del 13 novembre 2015) terreno fertile anche in Europa. Non ci eravamo ancora ripresi della strage di Nizza, preoccupati per la deriva antidemocratica turca, che oggi l’ennesimo fatto stragistico ha stravolto la quotidianità di ognuno di noi. Fine settimana ancora una volta macchiato di sangue. Questa volta a Monaco in Germania. E dove colpiranno la prossima volta?
Come sapete mi occupo prevalentemente di cinema, che poi nella solita querelle tra Melies e i fratelli Lumiere si risolve nel dilemma se la realtà supera la fantasia o viceversa.
Ma procediamo con ordine. Qualche anno fa assistetti alla proiezione di un film che raccontava di un suicida palestinese, ovviamente “terrorista”, mandato allo sbaraglio per uccidersi ed uccidere a sua volta. Fatto che in Israele è all’ 
ordine del giorno. Solamente che il poveretto non aveva deciso per libera scelta, bensì perché i terroristi (quelli veri e vigliacchi) avevano rapito i suoi familiari palestinesi e li tenevano in ostaggio. Purtroppo non ricordo il titolo, ma la storia era veramente ben congegnata, e mi viene il sospetto che ci sia un fondo di verità in tutto questo. Una domanda è d’obbligo. Siamo veramente sicuri che questi aspiranti suicidi lo siano fino in fondo? Oppure si tratta di uno stato di necessità? Al riguardo mi viene in mente un altro film spagnolo dove un direttore di banca per salvare la famiglia ostaggio dei banditi svaligia la sua stessa banca. Insomma chiediamoci francamente se ognuno di noi sia disposto a salvare i principi o piuttosto i propri cari.
Di quanto accaduto a Monaco si sa poco, ma il susseguirsi rapido di fatti luttuosi in Europa, l’altrettanto rapido convertirsi all’Islam degli attentatori, come si legge per esempio nei giornali per il tunisino omicida di Nizza, mi fa pensare che bisogna cercare le ragioni anche altrove.
Ovviamente la mente perversa della regia di tali fatti è spinta dall’ odio verso l’Occidente e questo è una altra cosa su cui riflettere. Ma gli esecutori materiali siamo sicuri che siano altrettanto fanatici. Mi pongo la domanda solo ai fini di trovare una soluzione e non per “buonismo”. Oltre a disadattati può trattarsi di ostaggi veri e propri e quindi non per libera scelta.
In Israele si convive con il terrore, ma i giovani continuano ad andare in discoteca. Ed è esattamente quello che avviene adesso in Europa. Allora domandiamoci: ha funzionato in Israele l’alzare muri, occupare territori, sfrattare le popolazioni?
La differenza tra Israele ed Europa è però il fattore di scala. Diciamo numericamente il rapporto tra una Nazione ed un Continente. E le variabili del fenomeno sono quindi più numerose.
Alla base resta la domanda: a chi giova tutto questo? La paura del diverso affascina da sempre e fa presa sul popolo. Ma per cosa?

Lascio al lettore la risposta a questi quesiti. (vedere anche l'altro articolo sui fatti di Parigi)  https://raccontardicinema.blogspot.it/2015/11/una-preghiera-per-la-pace.html
Sempre a proposito di cinema mi viene in mente il premiato film TIMBUKTU di Abderrahmane Sissako, appunto sulla cultura distorta di certo fanatismo che riesce a soggiogare fino alla morte il protagonista, ma non la fantasia dei giovani che giocano a calcetto.

Allora le forze democratiche di questi due mondi, Occidente ed Oriente, dovrebbero insieme diffondere la cultura della Vita, isolando gli estremismi.
Un’ultima riflessione sul viaggio di Papa Francesco in Polonia per la GMG della prossima settimana. Leggendo vari articoli sull’ argomento mi sono posto la domanda: ma la Polonia è pronta a rendere innocua la minaccia dei terroristi, anche per quelli così come li ho descritti? E a questo punto sono stato assalito dalla paura. Noi però non possiamo fare altro che pregare per il Santo Padre e per chi è preposto alla Sua sicurezza.
NDR: mi è sembrato appropriato utilizzare il logo della Mezza Luna Rossa e la Croce Rossa unite come simbolo di una umanità riconciliata.

venerdì 27 novembre 2015

CHIAMATEMI FRANCESCO di Daniele Lucchetti, Italia, 98’dal 3 Dicembre in 700 sale ed in anteprima in Vaticano il 1° Dicembre all’Auditorium – Paolo VI – Sala Nervi.


Girato in Argentina e interpretato da due attori argentini (RODRIGO DE LA SERNA 1961-2005 e SERGIO HERNÁNDEZ 2005-2013) in lingua spagnola, per essere fedele al ritratto del Papa che sta rivoluzionando la Chiesa, ma senza cadere nella trappola iconografica.
Anche io sono stato giovane. Sono stato innamorato. Ero ambizioso. Volevo andare dall’altra parte del mondo, pensa. Dal libro omonimo di Giorgio Griffagnini.
"Chiamatemi Francesco” è il racconto del percorso che ha portato Jorge Bergoglio, figlio di una famiglia di immigrati italiani a Buenos Aires, alla guida della Chiesa Cattolica. È un viaggio umano e spirituale durato più di mezzo secolo, sullo sfondo di un paese – l’Argentina – che ha vissuto momenti storici controversi, fino all'elezione al soglio pontificio nel 2013. Negli anni della giovinezza Jorge è un ragazzo come tanti, peronista, con una fidanzata, gli amici, e una professoressa di Chimica, Esther    Ballestrino, cui rimarrà legato  per tutta la  vita. Tutto cambia quando la vocazione lo porterà a entrare, poco più che ventenne, nel rigoroso ordine dei Gesuiti. Durante la terribile dittatura militare di Videla, Bergoglio viene nominato, seppur ancora molto giovane, Padre Provinciale dei Gesuiti per l'Argentina. Questa responsabilità in un momento così tetro metterà alla prova, nel modo più drammatico, la fede e il coraggio del futuro Papa. Jorge nonostante i rischi si impegnerà in prima persona nella difesa dei perseguitati dal regime – ma pagherà un prezzo umanamente altissimo vedendo morire o “scomparire” alcuni tra i suoi più amati compagni di strada. Da questa esperienza Bergoglio uscirà cambiato e pronto a vivere il suo impegno futuro nella costante difesa degli ultimi e degli emarginati. Divenuto Arcivescovo di Buenos Aires continuerà la sua opera di aiuto agli abitanti delle periferie, difendendoli dalle sopraffazioni del potere e promuovendone la crescita 
individuale e collettiva. Il racconto si conclude con l’indimenticabile serata in cui, in una piazza San Pietro stracolma di folla, Jorge Bergoglio vestito di bianco e con una croce di ferro, saluterà il mondo con il nome di Francesco, con la schietta semplicità e l’umanità profonda con cui tutti siamo abituati a conoscerlo.

Il regista Daniele Lucchetti spiega: “Chiamatemi Francesco” è un film inchiesta. Un’inchiesta iniziata quasi due anni fa a Buenos Aires, dove con Pietro Valsecchi prima, e con Martin Salinas poi, ci siamo messi sulle tracce di Bergoglio. Il primo incontro è un aneddoto che vale la pena raccontare. Avevamo fatto sapere in giro che avremmo voluto incontrare persone che l'avevano conosciuto bene. Il primo a presentarsi fu un vecchietto scattante: si diceva uno dei suoi migliori amici. Mi porse una foto sbiadita. Una classe di bambini di sei anni. Confusi tra decine di ragazzini, mi fece vedere lui stesso, e dall'altro capo della foto Jorge, il suo caro amico.
"Abbiamo passato assieme tutta la prima elementare"
"E poi?"
"Poi basta"
"Come basta? Tutto qui?"
"Si vedeva già che era un bambino speciale, che sarebbe diventato un santo" E si era sistemato sulla poltrona, sorridente, pronto a passare alcune ore nell'approfondimento di questo breve ricordo, probabilmente falso. Così ho capito abbastanza rapidamente che il rischio santino era dietro l'angolo. Il personaggio che smuove i cuori di cattolici e laici era già stato incasellato in un reticolo di luoghi comuni. Per capire cosa raccontare, per mantenere una relazione onesta con il personaggio, senza esaltarlo ne' ridurlo, ho dovuto scavare molto. Finché sono arrivate le prime illuminazioni. "Jorge era un uomo preoccupato". "Jorge ha sorriso per la prima volta quando lo abbiamo visto diventare Papa". Tutti indizi che andavano in un'unica direzione. Bergoglio è così oggi perché è stato in altro modo nel passato. Ha avuto la fortuna di vivere una vita lunga che gli ha permesso di imparare, crescere, evolvere. Una fortuna per lui, ma anche per un narratore che si era messo sulle sue tracce 
per cercare di capire come mai quest'uomo oggi trasmette queste emozioni e perché sembra non aver paura di nulla. Non ha paura, perché è passato attraverso molti inferni e qualche purgatorio. Questo non è un film religioso. È un film che racconta un personaggio che crede. E nel raccontarlo sono stato dalla sua parte, ammirando e invidiando ogni sua scelta, cercando di mettere assieme gli indizi, scrutando il suo volto durante omelie e interviste di "prima" della sua elezione, e infine cercando di rispettare una verità - sia pure ipotetica - ma soprattutto le leggi del raccontare, che impone il tentare di essere comunicativi senza barare. Un cenno agli attori argentini, cileni e spagnoli che mi hanno seguito in questa avventura: ho avuto un cast straordinario, che ha saputo sostenere la storia dando credibilità e umanità ai personaggi realmente esistiti e a quelli che ho reinventato mettendo assieme più persone in un volto solo. Fare questo film è stato un campo di battaglia nel quale ho imparato molto, conosciuto da vicino persone incredibili. L'Argentina, dove le ferite sono ancora fresche ma dove circola una incredibile energia, dove i problemi economici ogni giorno liberano energie per noi totalmente nuove. Non è un caso che il rinnovamento della chiesa potrebbe venire dall'America Latina. Per me è stato un onore scavare nelle radici di una persona che catalizza su di se l'energia di un intero continente e dei suoi movimenti politici, religiosi, culturali. Ha avuto la fortuna di vivere una vita che somiglia ad una narrazione. Non tutti abbiamo questo onore nelle nostre vite.

Aggiunge il Produttore Pietro Valsecchi: L'idea di fare un film su Papa Francesco mi è venuta dopo poco tempo dalla sua elezione, perché mi ha colpito fin dalle sue prime uscite la straordinaria statura morale e la forza rivoluzionaria del suo apostolato. Ho iniziato allora a documentarmi, ho letto libri, interviste, e in un primo momento mi sono focalizzato sul libro di 
Evangelina Himitian "Francesco il Papa della gente". Poi approfondendo di più la sua biografia ho trovato che c'era molto altro non trattato in questo libro e ho quindi deciso di distaccarmene. A quel punto nel progetto avevo coinvolto Daniele Luchetti e con lui siamo stati in Argentina all'inizio del 2014 per incontrare amici di gioventù di Bergoglio, sacerdoti che hanno lavorato fianco a fianco con lui, per farci raccontare chi era questo uomo che è "venuto dalla fine del mondo" (come ha detto la sera della sua elezione) per rivoluzionare la Chiesa. Dalla viva voce di chi ha conosciuto Bergoglio abbiamo scoperto poco a poco una figura di uomo che ha saputo mettersi al servizio degli ultimi, degli emarginati, dei poveri. E lo ha fatto rimanendo umile ma nello stesso tempo combattendo con estrema energia contro le ingiustizie e le prevaricazioni. Per raccontare la vita di questo uomo che tanto sta facendo per riportare la Chiesa vicino alla gente, abbiamo scelto la strada che ho sempre seguito in tutta la mia carriera nel cinema: il realismo e insieme l'emozione. Per essere più realistici e raccontare la verità, la vita di un argentino, abbiamo quindi deciso di girare il film in gran parte in Argentina, con attori argentini, in lingua spagnola e siamo molto soddisfatti perché il film che abbiamo in mano è ricco di verità, e dalla verità si sprigiona un'emozione incredibile. Ci sono sequenze come quelle relative alla dittatura dei generali o alla missione pastorale di Bergoglio tra i poveri delle favelas che colpiscono dritti al cuore, grazie anche all'interpretazione di attori straordinari. E’ un film che racconta una vita spesso difficile, piena di momenti drammatici, un film che non è un "santino" edulcorato ma il tentativo di farci scoprire le radici e il percorso di una personalità che fino a due anni fa la maggior parte di noi non conosceva. E rivedendo ora tutta la sua vita, le sofferenze, le amicizie, i momenti bui, si comprende meglio da dove arrivano la forza e l'energia di quest'uomo che sta già facendo la storia. La lavorazione del film è stata molto lunga e complessa: nella fase di scrittura del copione è stato difficile scegliere in più di 70 anni di vita i momenti più intensi e significativi, che riuscissero a spiegare l'uomo e il pastore. Il set è stato lungo e impegnativo, dovendo ricostruire tante epoche diverse, e per questo motivo abbiamo dovuto utilizzare due attori per interpretare Bergoglio, prima da giovane fino alla maturità, e poi negli ultimi anni. Io avevo già prodotto in passato due film dedicati a Papa Wojtyla, oltre ad altre miniserie televisive dedicate a personaggi della storia e della cronaca (Paolo Borsellino, Maria Montessori, Giorgio Ambrosoli):ad unirli è il fatto che rappresentano persone che nel compiere il loro dovere quotidianamente hanno insegnato agli altri il coraggio e la forza di credere fino in fondo ai loro ideali.

domenica 15 novembre 2015

UNA PREGHIERA PER LA PACE! Attacco all'Umanità. Dopo il dovuto silenzio per le vittime, riflettere sul domani.


Non è ancora definitivo il bilancio di sangue dell'attacco ijadista sferrato venerdì sera nel cuore della cultura umanista parigina ai danni di giovanissimi. E' proprio terrore quello che queste cellule incontrollate (ma sarà vero?) vogliono incutere in tutti noi. Per certi versi ci sono riuscite con l'immediata risposta della Francia che ha bombardato la città siriana ove è  forte la presenza dell'Isis. Come appassionato di cinema mi viene in mente il recente film Tumbuktu del regista di origini mauritiane Abderrahmane Sissako che tanti premi ha ricevuto. Storia di orrori nella penisola d'origine del regista ai danni della comunità islamica del villaggio Tumbuktu. Il massimo lirismo della pellicola è rappresentato dai giovani che desiderando giocare a pallone, gioco vietato dal fanatismo pseudo religioso, giocano lo stesso una partita ma senza pallone. Allora chi potrà uccidere gli ideali di una umanità che cerca la pace ma da molti attentata come in questa ultima orrenda vicenda di Parigi?  Nessuno potrà mai spegnere la speranza di tutti noi se reagiamo come quei ragazzi dello sperduto villaggio in mano agli estremisti. Mi sembra doveroso ricordare quanto detto da Papa Francesco all'Angelus di domenica circa la bestemmia rappresentata dall'uccidere in nome di Dio. D'altra parte è ovvio che i media si sono buttati a capofitto su questa ennesima tragedia di sangue intriso del fanatismo. Non vedo però da nessuna parte affermare, come da sempre Papa Francesco fa, che sia necessario combattere questo Male all'orgine, ossia combattendo il traffico di armi. Il resto verrebbe poi da se. Altri sostengono di non sottovalutare il fenomeno, mi sembra però una questione poco argomentata, visto che i massimi rappresentanti della comunità islamica presente in Italia hanno pure loro condannato i fatti. Perchè allora non riconvertire le fabbriche di morte degli armamenti in fabbriche della vita per esempio per attrezzature mediche da destinare ai paesi come la Siria, o comunque in qualcosa di utile all'essere umano come ad esempio l'industria culturale? Ricordiamoci che ogni cosa può essere usata in modi differenti: un coltello può essere usato per uccidere, ma anche per tagliare del pane. Sta a noi decidere.