Nella sezione Berlinale Special un gioiello: la serie televisiva girata nel 1972 dal mitico Rainer Werner Fassbinder Acht STunden sind kein Tag in versione restaurata e rimasterizzata
(da Berlino la fattiva collaborazione di Marina Pavido - Le foto sono
pubblicate per gentile concessione della Berlinale)
bene ad ogni singolo personaggio. Perché fin dai primi fotogrammi ha il pregio di trasmettere quell’allegria, quella gioia di fondo che sarà caratteristica fondante di tutta la serie. Sullo sfondo, inoltre, la lotta operaia, uno dei temi portanti della cinematografia del regista bavarese.In questo mondo sereno ed un po’ naïf, di fatto, quello che manca – ripensando, appunto, a gran parte della produzione di Fassbinder – è proprio quel pessimismo di fondo, quella sorta di male di vivere che porterà il cineasta di lì a pochi anni a togliersi la vita. Ed è proprio il tono della serie TV ad aver sollevato a suo tempo – nel 1972 – non
poche critiche, soprattutto per quanto riguarda la sottotrama sui movimenti operai, considerati, all’epoca, come rappresentati in modo quasi irreale ed un po’ troppo semplicistico. Al punto di spingere Fassbinder stesso a fermarsi al quinto episodio. Eppure, ripensando alle scene più emozionanti di tutta la serie, non possiamo non ricordarne una ambientata proprio all’interno della fabbrica dove lavora Jochen, nel momento in cui gli operai decidono di firmare un foglio in cui chiedono al loro capo di riconoscergli alcuni diritti fondamentali: nessuno stacco di montaggio, un’unica carrellata in plongé che sta a simboleggiare, appunto, il forte legame tra i lavoratori e, infine, i volti sorridenti di tutto il gruppo. Il messaggio che Fassbinder ha voluto comunicarci è arrivato, così, indubbiamente forte e chiaro. Come, d’altronde, è sempre stato in tutte le sue produzioni. Certo, a pensare che inizialmente ci fosse stata l’idea di girare più di cinque episodi, un po’ di rabbia viene eccome. Se non altro per il fatto che non ci si stancherebbe mai di questa sorta di favola fuori dal mondo. Così come non ci si stancherebbe mai di ascoltare e riascoltare l’allegro motivetto presente nella sigla di apertura e di chiusura di ogni singolo episodio, quando, con la fabbrica sullo sfondo, vediamo un timido sole sorgere lentamente sulla città di Colonia, dove le storie di Jochen, di Marion, di Monika, di Manfred, di Gregor e della mitica Oma, la nonna, stanno per intrattenerci per un’altra ora e mezzo che, come ogni volta, sembrerà durare appena poche decine di minuti.
Nessun commento:
Posta un commento