Inaugurata questa edizione con un film opera prima sulla persecuzione dei nazisti che non convince del tutto
(da
Berlino la fattiva collaborazione di Marina Pavido - Le foto sono pubblicate
per gentile concessione della Berlinale)
Proponiamo
del film di apertura Django – biopic dedicato al musicista Django
Reinhardt, opera prima del produttore
cinematografico Étienne Comar, le emozioni e non di Marina Pavido. Alla sua uscita dalla sala ci confida che
purtroppo il film soffre della poca esperienza
cosicchè lo sguardo del regista – al di là del dramma personale messo in
scena - non si allontana mai dal protagonista, non cerca di indagare circa il
contesto storico, non va alla ricerca di qualcosa di nuovo, di qualcosa che
ancora non è stato raccontato. Il risultato finale è un film sì ben girato, ma
anche un prodotto come già se ne sono visti a bizzeffe e del quale, purtroppo,
non resta molto, al termine della visione. In realtà qualche pregio ce l’ha
eccome. Molto intensi, ad esempio, i primi piani dedicati a Reda Kateb,
indovinato protagonista della pellicola forse a “rischio” di premio, così come
“coraggiose” e ben sfruttate sono le carrellate/contre-plongé che
– nella scena
iniziale – inquadrano uno ad uno i musicisti durante un’esibizione a teatro.
Sempre d’effetto, tra l’altro, sono gli sporadici omaggi al cinema sparsi qua e
là. Detto questo, Django non ha più niente da comunicare. Un film come tanti,
un’ulteriore copia di quello che abbiamo visto da diversi decenni a questa parte.
Si potrebbe addirittura affermare che – data la buona realizzazione unita ad
una scarsa potenza dello script – questa opera prima di Étienne Comar possa
classificarsi quasi come uno sterile esercizio di stile, che ben presto finirà
nel dimenticatoio collettivo.Marina
Pavido
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