di Luigi Noera
Abbiamo incontrato Mario Sesti al MAXXI, in occasione della Rassegna cinematografica Cinema al Maxxi [Sito WEB] che Lui stesso ha curato insieme a quella sulle Contaminazioni tra Moda e Cinema, anzi tra Cinema e Moda, nell'ambito della Mostra dal titolo "Bellissima". Dal nostro incontro ne è scaturita questa intervista.
Mario
Sesti è il curatore del Festival Internazionale del Cinema di Roma [ Sito WEB] ed è anche
Direttore Artistico del Taormina Film Festival. Ha scritto più di un libro sul
Cinema, con i quali ha vinto numerosi premi letterari nel passato, ma è anche
Regista di documentari su Berlinguer e Lucio Dalla. Insegna all'Università di
Roma Tre Laboratorio di Critica cinematografica.
Moda e Cinema. Partendo da queste due
espressioni artistiche tra loro intimamente interconnesse, ci racconti la tua
opinione in merito?
Mario Sesti: Si, diciamo che l’
interconnessione è così profonda e così connaturata, che assomiglia a volte ad una
forma di osmosi, ed è difficile stabilire in alcuni casi se sia il cinema ad
influenzare la moda o il contrario. E soprattutto è così profonda questa e
connaturata che è difficile anche
stabilire se sia riferibile solo ad
alcuni elementi del linguaggio cinematografico. E’ chiaro che quando si parla
di moda in senso più specifico si parla di costumi, quindi di abbigliamento,
probabilmente di accessori di abbigliamento. Però quando si dice “è di moda” in
realtà si intende anche qualcosa che non necessariamente ha a che fare con un
certo tipo di comportamento, una certa attitudine, un certo modo di usare il
linguaggio. Ovvero il cinema e la moda si sono così profondamente influenzati,
anche perché nascono ed hanno un periodo di grande efflorescenza diciamo nell’età contemporanea più
o meno in tempi simili e soprattutto si
nutrono uno dell’altro, che è difficile stabilire effettivamente qual è
l’oggetto della moda . Il cinema stesso è stato di moda, la moda, almeno fino
al dopoguerra, ed era di moda fare il
cinema, andare al cinema e sognare il cinema . Quindi da questo punto di vista vedo queste due cose come una specie di costruzione pop in cui ci
sono due masse indistinte, che sono una dentro l’altro, e si “stingono”, ecco per
usare un verbo relativo all’abbigliamento, una nell’altra.
Proseguirei, se sei
d'accordo, con le tue origini non solo come Critico Cinematografico, ma anche
come Documentarista. Come è nata e si è sviluppata l'idea della tua ultima
fatica "Senza Lucio" [Scheda My Movies] che prossimamente sarà in sala?
MS: Si è nata, da una parte
come un bisogno di ricostruire così un rapporto personale che io avevo con
Lucio Dalla, che era una persona che ho avuto la fortuna di conoscere e di
frequentare abbastanza intensamente negli ultimi dieci anni della sua vita più
o meno. Dall’altra mi piaceva l’idea di far conoscere di Lucio Dalla degli
aspetti meno noti, oltre a quelli ovviamente di cantante. Lucio era una persona
che aveva tantissimi interessi e sapeva coltivarli per le arti figurative, per
la letteratura, per il cinema, ed è la ragione per cui ci siamo conosciuti. E
quindi in qualche maniera questo documentario cerca sia di raccontare la parte
di Lucio meno conosciuta, sia in qualche maniera di raccontare nel mio sguardo il modo in cui
io ho vissuto questa amicizia.
Alcuni decenni fa
questo nostro incontro sarebbe stato improbabile da realizzare. Quale è la tua
opinione sulle nuove tecnologie che adesso sono fruibili da un numero
illimitato di soggetti? Faccio un esempio, un segnale forte viene dal SNCCI che
recentemente ha organizzato alla Casa del Cinema un Convegno su “A cosa serve
un Critico? Vita, Morte e Miracoli di una figura professionale in evoluzione (o
in estinzione)”. Mi permetto di
aggiungere che, appunto con l’avvento delle nuove tecnologie ITC, questo
processo è comune a molte professionalità che sono anche al di fuori del campo
artistico.
MS: Si, probabilmente è così.
Dipende un po’ da cosa si intende per critico. Diciamo che da quando il cinema
è nato il modello della critica è stato un po’ quello dello scrittore, del
critico teatrale, del cronista. Oggi quella figura lì, in cui mi
identifico anch’io come una
persona che scrive, probabilmente non solo non è la sola ma non è neanche
quella più agevole perché appunto tu adesso stai facendo della critica
cinematografica ma la fai con le nuove tecnologie, quindi usando lo stesso linguaggio
del cinema con le immagini e i suoni. Ma chi ha detto che questo è fare meno
critica che non fare una recensione. Ho l’impressione semplicemente che questa
idea del bisogno di accompagnare i film con l’attività che a che vedere con
l’analisi, l’esplorazione, il discorso,
il commento, l’indagine, la ricostruzione sia un qualcosa che appartiene profondamente
al cinema. E’ una forma di affettività testuale che poi si trasforma naturalmente anche in un
discorso, in un giudizio ed è anche un testo. Da questo punto di vista io trovo
invece che ci sia adesso molta più gente che si occupa di critica di quanto non
ce ne fosse ai miei tempi. Diverso è capire se con questo modello può essere
identificata una professione vera e propria naturalmente. Questo è un altro
discorso.
Io ho partecipato al
convegno ed ho avuto la sensazione che i critici tradizionali fossero in un
fortino.
MS: Si però il problema è che
quando io ho iniziato a fare la critica cinematografica le proiezioni in
anteprima per la stampa erano fatte in salette per dieci persone. Adesso se invece
uno fa l’anteprima stampa e la pubblicizza arrivano centinaia di persone.
Quindi c’è un sacco di gente che fa il critico cinematografico come attività, diverso
da dire se riesce a farne una professione autonoma.
Una domanda scontata è
d'obbligo: i titoli dei tre film che hanno maggiormente influenzato il tuo
percorso professionale e artistico.
MS: Questa è una domanda
veramente complicata . Che ti devo dire, influenzato non so. Ci sono dei film
che mi vengono particolarmente in mente quando penso all’idea di film
particolarmente belli e importanti e questi sono:
Adesso la domanda più
difficile, almeno per me. Siamo al rush finale sulle nomine del Festival di
Roma (ndr il CdA si terrà domani).Tu, oltre ad essere Direttore Artistico del
Festival di Taormina, fai parte della Fondazione Cinema per Roma. Questa sera
ci troviamo qui dove la Fondazione anche quest’anno, in collaborazione con il
MAXXI, ha organizzato la rassegna Cinema al MAXXI con la novità di due nuove
stimolanti sezioni Silent Movie e America. Tutto ciò è meritevole, ma cosa ne
sarà del Festival del Cinema di Roma nel suo decimo compleanno che è ormai
prossimo sebbene tuttora (18 febbraio ndr) il Festival stesso, orfano del
Direttore Artistico, ha un CdA dimissionario e un CdA in pectore ?
[Ndr: al momento della
pubblicazione dell’intervista è stato nominato il nuovo CdA della Fondazione
Cinema per Roma con Presidente Piera Detassis e Direttore artistico del
Festival Internazionale del Cinema di Roma Antonio Monda con il quale Mario
Sesti ha ideato e moderato la Rassegna di incontri “Viaggio nel cinema americano” portando a Roma nomi di spicco
della cinematografia d’oltreoceano da Francis Ford Coppola ai fratelli Coen, da
David Lynch a Martin Scorsese, da Wes Anderson a Spike Lee, da Sean Connery a
Jane Fonda, da Al Pacino a Meryl Streep, da James Ivory a John Landis, da David
Cronenberg a William Friedkin, da Tim Burton a Terrence Malick.]
MS: Appunto in realtà ci
troviamo proprio alla vigilia di quella che dovrebbe essere la riunione del CdA
che in realtà dovrebbe in designare alcune di queste cariche di cui tu dicevi.
La forza del Festival di Roma è nella sua plasticità nel suo divenire. Detto
questo, credo che non ci sia nessun Festival in Italia, sicuramente, che in
dieci anni ha raggiunto tale consenso. E’ una manifestazione che smuove 100.000
persone. Non esistono altri Festival in Italia. Esistono altri Festival, più
importanti sicuramente, ma nessun altro che riesce ad avere gli stessi
numeri e credo che da questo punto di
vista il primo decennale forse servirà effettivamente a fissare alcuni punti
fermi.
Tra le altre cose si
parlava di una fusione con l’altro Festival della Fiction. Debbo dire che l’anno
scorso Freccero è stato immolato, scusa se lo dico, dalla politica.
MS: Come sai le due
istituzioni sono state due istituzioni assolutamente autonome. E’ probabile che
adesso verranno gestite dalla stessa Fondazione, anche se manterranno poi delle
identità e la programmazione annuale diversa. Immagino che il Festival della
Fiction, dato che poi le serie TV sono una delle cose più importanti che c’è
adesso, potrebbe diventare un centro di grandissimo interesse ed attenzione. Posso
solo sperare, innanzitutto come utente, che si faccia.
A proposito delle Serie TV è stato triste veramente vedere
passare a Berlino qualche giorno fa una serie TV Italiana di Sky Italia ed
invece all’ultima Fiction Fest di Roma sono state proiettate solamente Fiction Americane.
MS: Non so cosa dirti!
Resti anche tu senza
parole. Dato che sei Direttore artistico del Taormina Film Festival, se ci puoi
anticipare qualcosa per il 2015?
MS: In realtà io mi sono
dimesso dal Taormina Film Festival un mesetto fa. Credo che il Festival vedrà
un coinvolgimento maggiore di alcuni
Enti locali come la Sicilia Film Commission e quindi si concentrerà ancora di
più sulla produzione di giovani o di film indipendenti locali. Però non facendone
parte più non saprei dirti di più.
Ci dispiace veramente
perché nei tre anni sotto la tua direzione artistica c’è stato veramente un
exploit del Festival di Taormina.
MS: Ti ringrazio molto, però
credo che Tiziana (Rocca ndr) che è la General Manager troverà il modo di fare un
Festival altrettanto interessante.
Caro Mario ti sono
grato per il tempo che mi hai dedicato. Grazie e in bocca al lupo.