![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNyq0IHHzuDjV0NT6OHriUnreEBAqWwMBkaiOrmMbNyK5zcOkoLQ3UD-3kYalX5BaGKRHi8-4f-K-xtEUBuVMKH8_moWj5NyYQRqVtx4PEK_duMCidRJg8g0XAcrfyKODKofJLzg1a0Cmp/s320/MANIFESTO-CHIAMATEMI-FRANCESCO.jpg)
Anche io sono
stato giovane. Sono stato innamorato. Ero ambizioso. Volevo andare dall’altra
parte del mondo, pensa. Dal libro omonimo di Giorgio Griffagnini.
"Chiamatemi
Francesco” è il racconto del percorso che ha portato Jorge Bergoglio, figlio di
una famiglia di immigrati italiani a Buenos Aires, alla guida della Chiesa
Cattolica. È un viaggio umano e spirituale durato più di mezzo secolo, sullo
sfondo di un paese – l’Argentina – che ha vissuto momenti storici controversi,
fino all'elezione al soglio pontificio nel 2013. Negli anni della giovinezza
Jorge è un ragazzo come tanti, peronista, con una fidanzata, gli amici, e una
professoressa di Chimica, Esther
Ballestrino, cui rimarrà legato per tutta la vita.
Tutto cambia quando la vocazione lo porterà a entrare, poco più che ventenne,
nel rigoroso ordine dei Gesuiti. Durante la terribile dittatura militare di
Videla, Bergoglio viene nominato, seppur ancora molto giovane, Padre
Provinciale dei Gesuiti per l'Argentina. Questa responsabilità in un momento
così tetro metterà alla prova, nel modo più drammatico, la fede e il coraggio
del futuro Papa. Jorge nonostante i rischi si impegnerà in prima persona nella
difesa dei perseguitati dal regime – ma pagherà un prezzo umanamente altissimo
vedendo morire o “scomparire” alcuni tra i suoi più amati compagni di strada. Da
questa esperienza Bergoglio uscirà cambiato e pronto a vivere il suo impegno
futuro nella costante difesa degli ultimi e degli emarginati. Divenuto
Arcivescovo di Buenos Aires continuerà la sua opera di aiuto agli abitanti
delle periferie, difendendoli dalle sopraffazioni del potere e promuovendone la
crescita
individuale e collettiva. Il racconto si conclude con
l’indimenticabile serata in cui, in una piazza San Pietro stracolma di folla,
Jorge Bergoglio vestito di bianco e con una croce di ferro, saluterà il mondo
con il nome di Francesco, con la schietta semplicità e l’umanità profonda con
cui tutti siamo abituati a conoscerlo. ![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQblu51dtmKJbbzGBe_Vlz1c-MqLR06lGD7V-98aDoOrYxi8Th2RlaRzuufG6oHVqoD75drpcBlSlkxU1Mi9EFAhp9l-17AFZrBJYNBl4R5MWHnXSzPBxAqgXlxvV_uSNcKooT-8BIb5MD/s320/CF-5.jpg)
Il regista Daniele Lucchetti spiega: “Chiamatemi Francesco” è un film
inchiesta. Un’inchiesta iniziata quasi due anni fa a Buenos Aires, dove con
Pietro Valsecchi prima, e con Martin Salinas poi, ci siamo messi sulle tracce
di Bergoglio. Il primo incontro è un aneddoto che vale la pena raccontare.
Avevamo fatto sapere in giro che avremmo voluto incontrare persone che
l'avevano conosciuto bene. Il primo a presentarsi fu un vecchietto scattante:
si diceva uno dei suoi migliori amici. Mi porse una foto sbiadita. Una classe
di bambini di sei anni. Confusi tra decine di ragazzini, mi fece vedere lui
stesso, e dall'altro capo della foto Jorge, il suo caro amico.
"Abbiamo
passato assieme tutta la prima elementare"
"E
poi?"
"Poi
basta"
"Come
basta? Tutto qui?"
"Si
vedeva già che era un bambino speciale, che sarebbe diventato un santo" E
si era sistemato sulla poltrona, sorridente, pronto a passare alcune ore
nell'approfondimento di questo breve ricordo, probabilmente falso. Così ho
capito abbastanza rapidamente che il rischio santino era dietro l'angolo. Il
personaggio che smuove i cuori di cattolici e laici era già stato incasellato
in un reticolo di luoghi comuni. Per capire cosa raccontare, per mantenere una
relazione onesta con il personaggio, senza esaltarlo ne' ridurlo, ho dovuto
scavare molto. Finché sono arrivate le prime illuminazioni. "Jorge era un uomo
preoccupato". "Jorge ha sorriso per la prima volta quando lo abbiamo
visto diventare Papa". Tutti indizi che andavano in un'unica direzione.
Bergoglio è così oggi perché è stato in altro modo nel passato. Ha avuto la
fortuna di vivere una vita lunga che gli ha permesso di imparare, crescere, evolvere.
Una fortuna per lui, ma anche per un narratore che si era messo sulle sue
tracce
per cercare di capire come mai quest'uomo oggi trasmette queste emozioni
e perché sembra non aver paura di nulla. Non ha paura, perché è passato
attraverso molti inferni e qualche purgatorio. Questo non è un film religioso.
È un film che racconta un personaggio che crede. E nel raccontarlo sono stato
dalla sua parte, ammirando e invidiando ogni sua scelta, cercando di mettere
assieme gli indizi, scrutando il suo volto durante omelie e interviste di
"prima" della sua elezione, e infine cercando di rispettare una
verità - sia pure ipotetica - ma soprattutto le leggi del raccontare, che impone
il tentare di essere comunicativi senza barare. Un cenno agli attori argentini,
cileni e spagnoli che mi hanno seguito in questa avventura: ho avuto un cast
straordinario, che ha saputo sostenere la storia dando credibilità e umanità ai
personaggi realmente esistiti e a quelli che ho reinventato mettendo assieme
più persone in un volto solo. Fare questo film è stato un campo di battaglia
nel quale ho imparato molto, conosciuto da vicino persone incredibili.
L'Argentina, dove le ferite sono ancora fresche ma dove circola una incredibile
energia, dove i problemi economici ogni giorno liberano energie per noi
totalmente nuove. Non è un caso che il rinnovamento della chiesa potrebbe
venire dall'America Latina. Per me è stato un onore scavare nelle radici di una
persona che catalizza su di se l'energia di un intero continente e dei suoi
movimenti politici, religiosi, culturali. Ha avuto la fortuna di vivere una
vita che somiglia ad una narrazione. Non tutti abbiamo questo onore nelle
nostre vite.
Aggiunge il Produttore Pietro Valsecchi: L'idea di
fare un film su Papa Francesco mi è
venuta dopo poco tempo dalla sua elezione, perché mi ha colpito fin dalle sue
prime uscite la straordinaria statura morale e la forza rivoluzionaria del suo
apostolato. Ho iniziato allora a documentarmi, ho letto libri, interviste, e in
un primo momento mi sono focalizzato sul libro di
Evangelina Himitian
"Francesco il Papa della gente". Poi approfondendo di più la sua
biografia ho trovato che c'era molto altro non trattato in questo libro e ho
quindi deciso di distaccarmene. A quel punto nel progetto avevo coinvolto
Daniele Luchetti e con lui siamo stati in Argentina all'inizio del 2014 per
incontrare amici di gioventù di Bergoglio, sacerdoti che hanno lavorato fianco
a fianco con lui, per farci raccontare chi era questo uomo che è "venuto
dalla fine del mondo" (come ha detto la sera della sua elezione) per rivoluzionare
la Chiesa. Dalla viva voce di chi ha conosciuto Bergoglio abbiamo scoperto poco
a poco una figura di uomo che ha saputo mettersi al servizio degli ultimi,
degli emarginati, dei poveri. E lo ha fatto rimanendo umile ma nello stesso
tempo combattendo con estrema energia contro le ingiustizie e le
prevaricazioni. Per raccontare la vita di questo uomo che tanto sta facendo per
riportare la Chiesa vicino alla gente, abbiamo scelto la strada che ho sempre
seguito in tutta la mia carriera nel cinema: il realismo e insieme l'emozione. Per
essere più realistici e raccontare la verità, la vita di un argentino, abbiamo
quindi deciso di girare il film in gran parte in Argentina, con attori
argentini, in lingua spagnola e siamo molto soddisfatti perché il film che
abbiamo in mano è ricco di verità, e dalla verità si sprigiona un'emozione
incredibile. Ci sono sequenze come quelle relative alla dittatura dei generali
o alla missione pastorale di Bergoglio tra i poveri delle favelas che
colpiscono dritti al cuore, grazie anche all'interpretazione di attori straordinari.
E’ un film che racconta una vita spesso difficile, piena di momenti drammatici,
un film che non è un "santino" edulcorato ma il tentativo di farci
scoprire le radici e il percorso di una personalità che fino a due anni fa la
maggior parte di noi non conosceva. E rivedendo ora tutta la sua vita, le
sofferenze, le amicizie, i momenti bui, si comprende meglio da dove arrivano la
forza e l'energia di quest'uomo che sta già facendo la storia. La lavorazione
del film è stata molto lunga e complessa: nella fase di scrittura del copione è
stato difficile scegliere in più di 70 anni di vita i momenti più intensi e significativi,
che riuscissero a spiegare l'uomo e il pastore. Il set è stato lungo e impegnativo,
dovendo ricostruire tante epoche diverse, e per questo motivo abbiamo dovuto
utilizzare due attori per interpretare Bergoglio, prima da giovane fino alla maturità,
e poi negli ultimi anni. Io avevo già
prodotto in passato due film dedicati a Papa Wojtyla, oltre ad altre miniserie
televisive dedicate a personaggi della storia e della cronaca (Paolo
Borsellino, Maria Montessori, Giorgio Ambrosoli):ad unirli è il fatto che
rappresentano persone che nel compiere il loro dovere quotidianamente hanno
insegnato agli altri il coraggio e la forza di credere fino in fondo ai loro
ideali.
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