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Anteprime e Recensioni Cinematografiche, tutto quello che c'è da sapere su Festival Internazionali del Cinema e quanto di nuovo succede intorno alla Settima Arte, a cura di Luigi Noera e la gentile collaborazione di Ugo Baistrocchi, Simona Noera e Marina Pavido.



domenica 11 giugno 2017

Nelle sale italiane dall’8 giugno, La mummia diretto da Alex Kurtzman . la recensione di Marina Pavido

Nelle sale italiane dall’8 giugno, La mummia è l’ultimo, lanciatissimo blockbuster diretto da
Alex Kurtzman, nonché remake dell’omonimo film del 1932 – diretto da Karl Freund, con il grande Boris Karloff. Con tale lungometraggio verrà riavviata la fortunata saga iniziata nel 1999.
Ci troviamo nell’antico Egitto. La principessa Ahmanet, dopo aver ucciso suo padre ed il fratellino appena nato, che le avrebbe strappato il trono, viene mummificata viva. Circa duemila anni dopo la sua tomba viene dissotterrata ed aperta, facendola, così, risorgere e minacciando di conseguenza l’incolumità dell’intero pianeta.
Operazione rischiosa, quella di rispolverare un grande classico che ha avuto successo in passato, ma che, per quanto riguarda la relativamente recente saga che ne è nata, non ha certo avuto ciò che si dice un seguito “dignitoso”. Perché se già i tre recenti film hanno fatto storcere il naso, da un punto di vista qualitativo, a pubblico e critica, l’idea di ritornare, in qualche modo alle origini, impiegando, in questo caso, l’uso del 3D e dando vita a personaggi che hanno il difficile compito di reggere sulle proprie spalle non solo l’intero lungometraggio, ma anche – si presuppone – i prossimi a venire, di certo non lascia presagire il meglio. E infatti, purtroppo, le aspettative si sono rivelate fondate.
Di fianco ad una regia tutto sommato buona (la produzione, di fatto, ha scelto un buon mestierante in merito), con esplosioni e scene subacquee decisamente ben riuscite (e ben valorizzate da un 3D che solo in momenti come questi si è rivelato realmente utile), troviamo uno script ricco di forzature, con frequenti trovate che scadono nel ridicolo involontario ed un protagonista talmente caricato e poco credibile da non riuscire ad empatizzare con il pubblico neanche dopo quasi due ore di film.
Cosa resterà, alla fine, al pubblico? Di fatto, ben poco. Ed ecco che, dopo una visione come questa, ci troviamo a rimpiangere le piccole, preziose pellicole statunitensi degli anni Trenta, quando i mostri creati per il grande schermo erano davvero indimenticabili.
Marina Pavido


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