Taipei. Mattino.
Ora di punta. La strada è gremita di automobili ferme per il troppo traffico.
Una ragazza improvvisamente esce dall’auto, prende un monopattino e, intonando
le note di una canzoncina orecchiabile, prosegue dritta per la strada. È il
giorno di san Valentino e - tra amori non corrisposti, storie che durano da
tanto tempo e che sono ormai al capolinea e coppie gay che sognano di sposarsi
e di avere una famiglia tutta loro – tutti sono, chi più, chi meno, in vena di
fare festa.L’inizio,
ovviamente, è quello del fortunato lungometraggio di Damien Chazelle, dunque.
Il resto è un mix tra l’intramontabile Singining in the rain di Stanley Donen,
il bellissimo Les parapluies di Cherbourg di Jacques Demy e lo stesso La La Land.
Salvo che, al contrario dei lavori sopra menzionati, quello che questo ultimo
lavoro di Wei Te-sheng vuole essere è un inno all’amore universale, senza se e
senza ma, comprensivo di tutti i possibili clichés in cui si può incappare
affrontando un tema abusato come questo.
Niente ombrelli
ma rose rosse, stavolta. Niente Cathrine Deneuve - con tanto di madre dispotica
al seguito - ma una giovane fioraia innamorata dell’amore con una zia che vuol
essere cinica ma che, in fondo, non sembra proprio riuscirci. Fatta eccezione
per le scene in interni, le strade di Taipei – ricostruite rigorosamente in
studio, come da tradizione – stanno tanto a ricordarci i musical della
Hollywood degli anni d’oro (oltre, ovviamente allo stesso Les parapliues de Cherbourg), quei musical gloriosi
resi ottimamente sul grande schermo dallo stesso Stanley Donen, da Vincent
Minnelli e compagnia bella. Ce li ricorda, o almeno vorrebbe ricordarceli.
Vorrebbe ma non ci riesce. Se non altro i lavori sopra citati si sono distinti
a loro tempo (anche) per delle ottime coreografie, cosa che qui pare sia stata
quasi saltata a pie’ pari. Probabilmente anche involontariamente o, meglio
ancora, inconsapevolmente.
L’amore qui
raccontato è banale, estremamente idealizzato, non fiabesco ma irreale per il
suo essere così costruito. Talmente finto nella sua rappresentazione da rendere
il lungometraggio quasi un puro divertissement, un omaggio all’Omaggio al
Cinema (l’Omaggio per eccellenza di cui si è tanto parlato ultimamente), privo
di uno sguardo soggettivo dell’autore, così come di ogni qualsivoglia personale
peculiarità. Un film apparentemente senza pretesa alcuna. Se non fosse per il
fatto che l’autore stesso lo ha definito scherzando (ma non troppo) addirittura
più bello di La La Land.
Taipei. Mattino. Ora di punta. La strada è gremita di automobili ferme per il troppo traffico. Una ragazza improvvisamente esce dall’auto, prende un monopattino e, intonando le note di una canzoncina orecchiabile, prosegue dritta per la strada. È il giorno di san Valentino e - tra amori non corrisposti, storie che durano da tanto tempo e che sono ormai al capolinea e coppie gay che sognano di sposarsi e di avere una famiglia tutta loro – tutti sono, chi più, chi meno, in vena di fare festa.L’inizio, ovviamente, è quello del fortunato lungometraggio di Damien Chazelle, dunque. Il resto è un mix tra l’intramontabile Singining in the rain di Stanley Donen, il bellissimo Les parapluies di Cherbourg di Jacques Demy e lo stesso La La Land. Salvo che, al contrario dei lavori sopra menzionati, quello che questo ultimo lavoro di Wei Te-sheng vuole essere è un inno all’amore universale, senza se e senza ma, comprensivo di tutti i possibili clichés in cui si può incappare affrontando un tema abusato come questo.
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