Il Maestro ETTORE
SCOLA pilastro della cultura italiana lascia un vuoto. Restano però le sue
opere e i suoi ricordi in ognuno di noi, sia se si è avuta la fortuna di conoscerlo
di persona oppure tramite il ricordo che ne hanno gli altri. Faccio parte di
quest’ultima schiera, ma la costernazione è uguale. L’ho conosciuto guardando i
suoi film dei quali l’ultimo è un delicatissimo
ricordo dell’altro pilastro del
cinema italiano Federico Fellini. I due Maestri erano accomunati dalla passione
e lo straordinario talento nel realizzare vignette prima e gli schizzi delle
loro opere dopo. Ovvero l’arte figurativa
ridotta all’essenza da un tratto di matita. Entrambi ancora adolescenti
erano cresciuti all’ombra di un grande maestro vignettista come STENO (Stefano
Vanzina) nella rivista umoristica Marc’ Aurelio, presero ben presto la strada
cinematografica. Da subito si capì di che pasta era fatto Scola con il suo
graffiante Riusciranno i nostri eroi a
ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968) con il quale
esordì con successo sul grande schermo. Ma non si possono dimenticare il
lirismo degli altri suoi capolavori: C'eravamo
tanto amati (1974), Brutti, sporchi
e cattivi (1976) e Una giornata
particolare (1977), che gli hanno fatto conquistare riconoscimenti anche in
campo internazionale. Nel 1980 con La
terrazza, rivolge lo sguardo all’Italia contemporanea nell’amaro bilancio
di un gruppo di intellettuali di sinistra in crisi. Amava l’Italia e per
questo nella commedia La famiglia
(1987) ripercorre 80 anni di storia (1906-1986) attraverso la saga di una
famiglia. Trapiantato
giovanissimo a Roma dall’Irpinia nel penultimo dei sui lavori Gente di Roma (2003) omaggia la città
tanto amata. L’ultimo suo lavoro come detto è Che strano chiamarsi Federico, dedicato a Fellini e
realizzato nel
ventennale della scomparsa, con il quale partecipò fuori concorso alla Mostra
Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia nel 2013. Mi
piacerebbe tanto potere raccontare qualche aneddoto a cui sia stato testimone
oculare, purtroppo non è così, ma resta la gratitudine di averci donato uno straordinario
pezzo della Storia del Cinema italiano con le sue opere. Scola ha anche
contribuito alla diffusione della Cultura cinematografica. Non a caso se Roma è
invidiata per quel gioiello che è la Casa del Cinema a Largo Marcello
Mastroianni, lo deve al regista che insieme all’amico Laudadio fece diventare
realtà il progetto e nel 2004 fondò appunto questo luogo dove si celebra ogni
giorno la settima arte.
Anche la
Festa del Cinema di Roma deve tanto a Scola che prima scelse tra migliaia di
giovanissimi cinefili e poi guidò con amore la Giuria popolare della prima
edizione della Festa. Ancora ho impresso l’emozionante premiazione di quella
prima edizione all’annuncio del Premio Speciale della Giuria al disturbante This
Is England di Shane Meadows. Come un buon padre di famiglia fece gli onori di
casa a tutti i premiati in maniera semplice. Mi racconta mia figlia Simona –
che era tra i 40 giovani giurati - che durante le visioni delle pellicole in
concorso il Maestro spesso spariva dalla sala per fumarsi una sigaretta. E
adesso è andato via così. Me lo immagino seduto in riva al mare accanto al suo
amico Federico ad ascoltarlo ed osservare la dissolvenza al
tramonto dell’orizzonte
tra mare e cielo. L’ultima sua apparizione pubblica risale alla 10ma edizione
della Festa di Roma quando presentò la sua auto biografia realizzata dalle figlie
Ridendo e scherzando. Una sorta di
testamento morale. La Casa del Cinema di
Roma che è una sua creatura lo ospiterà per l’ultima volta dalla mattina
del 21 gennaio per un saluto alle spoglie ed un tributo a si grande autore del
cinema del ‘900. Sarebbe bello che l’imminente Berlinale (11-21/2/2016) facesse altrettanto, così come è stato per
Francesco Rosi nella passata
edizione 2015 della kermesse berlinese! Chissà?
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