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Anteprime e Recensioni Cinematografiche, tutto quello che c'è da sapere su Festival Internazionali del Cinema e quanto di nuovo succede intorno alla Settima Arte, a cura di Luigi Noera e la gentile collaborazione di Ugo Baistrocchi, Simona Noera e Marina Pavido.



venerdì 14 aprile 2017

Nelle sale italiane dal 6 aprile, The Startup – la recensione di Marina Pavido


L'ultimo film di Alessandro D'Alatri, prodotto da Luca Barbareschi è
ispirato ad una storia vera.
Matteo Achilli ha 18 anni ed è un brillante studente del liceo. Prossimo alla maturità e stanco di subire ingiustizie nel mondo del lavoro e dello sport a causa di chi può godere delle giuste raccomandazioni, decide di inventare una app che permetta di classificare gli iscritti in base al merito, in modo da dare maggiori possibilità di carriera a chi davvero abbia le competenze adatte. Il suo progetto ha subito successo ed il ragazzo inizia a guadagnare moltissimo ed a frequentare il mondo dell’alta società. Questo suo nuovo stile di vita, però, lo porterà ad allontanarsi dalla fidanzata e dagli amici di sempre.
Indubbiamente questo ultimo lavoro di D’Alatri ad un primo impatto può interessare. Se non altro sembra distaccarsi radicalmente dagli ultimi, non proprio riusciti, lavori dello stesso autore (vedi, ad esempio, Casomai, La febbre e Commedia sexy). La storia raccontata, dal canto suo, presenta non pochi spunti da cui partire, per poi dare al lungometraggio il tono che si vuole. In questo caso, però, i non troppo velati (o quantomeno sperati) rimandi fincheriani restano, purtroppo, solo delle iniziali intenzioni. The Startup, di fatto, non riesce a “spiccare il volo”, non riesce a staccarsi dalla massa di lungometraggi sopra citati, ognuno dei quali vuole raccontarci la crisi e/o la precarietà del lavoro e/o i giovani a modo proprio. Fatta eccezione, dunque, per rari momenti riguardanti la costruzione del progetto in sé, la sua partenza ufficiale e le sue conseguenze sulla carriera di Matteo, ci troviamo di fronte ad uno dei tanti prodotti buonisti, pieni di sé e talmente tante volte rifatti da essere ormai pericolosamente prevedibili, ognuno la brutta copia dell’altro. Ciò viene qui ulteriormente sottolineato, ad esempio, dalle eccessivamente “invasive” canzoni inserite all’interno del film e soprattutto dalla prima parte di esso, la quale si limita a regalarci un ormai noioso déjà vu. Dispiace, in questo caso, soprattutto per i giovani protagonisti (Andrea Arcangeli nel ruolo di Matteo, Paola Calliari nel ruolo della sua ragazza Emma e la lanciatissima Matilde Gioli, nel ruolo della bella e “pericolosa” Cecilia). Malgrado il loro impegno, a quanto pare sono stati fortemente penalizzati da una direzione attoriale che li ha voluti eccessivamente stereotipati. Evidentemente il mondo del lavoro è stato spietato anche con loro.

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