Descrizione

Anteprime e Recensioni Cinematografiche, tutto quello che c'è da sapere su Festival Internazionali del Cinema e quanto di nuovo succede intorno alla Settima Arte, a cura di Luigi Noera e la gentile collaborazione di Ugo Baistrocchi, Simona Noera e Marina Pavido.



lunedì 3 novembre 2014

DAL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA ALLE SALE n.1

Tra tanti disastri un film di speranza sull'amore che vince sempre. Peccato che esce solo in poche sale.
LAST SUMMER di Leonardo Guerra Seràgnoli, Italia, 2014, 94’
Cast: Rinko Kikuchi, Yorick Van Wageningen, Lucy Griffiths, Laura Sofia Bach, Daniel Ball, Ken Brady

Il premio Oscar Rinko Kikuchi da il meglio di se in questa opera prima di Leonardo Guerra Seràgnoli che merita di essere vista e che ha ottenuto al Festival di Roma 2014 (selezione PIT) il Premio collaterale al Miglior Suono - A.I.T.S.
Peccato perché poteva aspirare a ben di più soprattutto per la curatissima fotografia con primi piani strepitosi.
Invece è discutibile in alcuni passaggi l’interpretazione del piccolo coprotagonista .
Il soggetto scelto, sceneggiato da Banana Yoshimoto, è delicato, si tratta della ricucitura, osteggiata dal facoltoso ex coniuge, del rapporto tra madre e figlio dopo un misterioso allontanamento di lei.
Sulle note di una suadente musica caraibica ci spostiamo dai meravigliosi fondali sabbiosi a bordo di un lussuoso yacht che batte bandiera inglese ormeggiato in una splendida caletta.
I componenti l’equipaggio si preparano all’arrivo di un’ospite. Si tratta di una giapponese a cui è stato concesso di incontrare il figlioletto Ken che non vede da quando è nato e dal quale dovrà presto separarsi.
L’equipaggio è veramente ingombrante e frappone un muro fra la madre Naomi e suo figlio creando uno stato crescente d’angoscia  nello spettatore.
Ma anche l’arredamento dello yacht freddo, scarno e di acciaio luccicante contribuisce al senso di non appartenenza di lei a quel mondo dorato e senza affettività a cui probabilmente è sfuggita.
Si percepisce il profondo dolore della madre che vorrebbe riavvicinarsi a figlio senza tuttavia riuscirci.
Fin qui il regista e la bravissima Rinko Kikuchi ci hanno preso per mano con dialoghi asciutti ma con molti tasselli narrativi e ci hanno condotto al centro della storia.
Da qui in poi la narrazione prende decisamente la piega che tutti vorremmo con la madre Noemi che si rivolge al figlio Ken in giapponese ristabilendo finalmente il contatto ancestrale che li unisce.
L’inevitabile prossima separazione di madre e figlio, per quanto dolorosa possa essere, è alleviata dalla convinzione di potersi riunire un domani.
Sullo sfondo della banchina del porto, la donna di spalle si incammina e immagina il figlio Ken che, risvegliatosi, indossa la maschera giapponese, da lei lasciatagli prima di andare via, specchiandosi nel fondale sabbioso della caletta sulle note della musica caraibica di inizio film. Un giorno sicuramente si ritroveranno.


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